Canfora Luciano - 2007 - Esportare la libertà. Il mito che ha fallito by Canfora Luciano

Canfora Luciano - 2007 - Esportare la libertà. Il mito che ha fallito by Canfora Luciano

autore:Canfora Luciano
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: International Relations, Political Process, General, Political Science, Military, History
ISBN: 9788804574729
editore: Mondadori
pubblicato: 2008-12-14T23:00:00+00:00


Nuova svolta in senso riformatore con il sovrano subentrato all’uccisione di Nadir, e cioè il principe ereditario Mohamed Zahir. Educato in Francia, promotore di un nuovo avvicinamento alla Russia (primo partner commerciale), creatore della Banca Nazionale nonché della Facoltà di Scienze di Kabul (ottobre 1934), Zahir guidò l’Afghanistan durante gli anni del secondo conflitto mondiale mantenendo il paese in una iniziale posizione di neutralità. Nondimeno nel 1941 furono espulsi i sudditi tedeschi e italiani, e successivamente l’Afghanistan dichiarò guerra alla Germania. Nuovo trattato afghano-russo nel giugno 1946 e lenti progressi in direzione della laicizzazione e modernizzazione del paese.

La prima radicale novità, nei tradizionali equilibri della regione, fu l’indipendenza dell’India (1947), seguita immediatamente dal duro conflitto civile con la parte musulmana del paese e dalla dolorosa proclamazione dell’indipendenza del Pakistan (1948). Cadeva così un pilastro del “grande gioco” ma ne subentrava immediatamente un altro. Gli USA si affacciavano nella regione per molteplici ragioni. Innanzi tutto per colmare, se possibile, il “vuoto” determinato dal ritiro degli inglesi.

Faranno la stessa cosa in Indocina dopo la sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954) e nonostante i propositi manifestati alla conferenza di Ginevra (1955). Ma non era l’unica ragione. A ben vedere, per gli USA, il più importante teatro di operazioni, nel conflitto mondiale, era stato il Pacifico, non l’Europa. Inoltre nel 1948-1949 si giocava la partita finale tra nazionalisti e comunisti in Cina. Gli USA avevano puntato su Chiang Kaishek. Col settembre del 1949 e la fuga di lui a Taiwan, la Cina diventava il secondo colosso comunista, prevedibilmente portato all’alleanza con l’URSS (stipulata infatti poco dopo). Abbandonare l’Afghanistan, in una tale nuovissima situazione squilibrata a favore dell’URSS, significava perdere definitivamente il “grande gioco”. L’India non era un puntello affidabile. È da allora che data la scelta USA di essere presente nella zona assicurandosi un Pakistan alleato fedele e “sponda” per continuare il “grande gioco” per interposto regime pakistano.

Incominciava allora da parte afghana una fase di gioco “su due tavoli”: da un lato i prestiti della Export-Import Bank americana, dall’altro i trattati commerciali con la Russia solennizzati dalla visita di Krusciov e Bulganin a Kabul (dicembre 1955). Ad intralciare l’azione degli USA intervenne una fastidiosa controversia di frontiera afghano-pakistana, per la quale ci volle la mediazione del colosso fondamentalista per eccellenza, l’Arabia Saudita, ferreo alleato degli Stati Uniti nel mondo musulmano. Ovvio che in tale situazione la politica ufficiale dell’Afghanistan fosse quella, promossa in quegli anni con successo dall’India, del “non allineamento”.

All’interno, come uomo forte si affermò il generale Daud, zio del re Zahir. L’impossibile diarchia, attraverso alti e bassi, sfociò nel colpo di Stato indolore del luglio 1973 quando Daud cacciò il re e proclamò la repubblica. Migliorò le relazioni contemporaneamente sia con l’URSS che con la Cina (che nel frattempo erano divenuti Stati rivali e nel ‘69 s’erano affrontati con le armi sul fiume Ussuri), e rinnovò il contenzioso di confine col Pakistan. Nella nuova situazione caratterizzata dal contrasto cino-sovietico (e con gli USA impantanati in Vietnam) questo gioco era pur sempre una politica di equilibrio tra due grandi potenze presenti nella regione.



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